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L'ILLECITO CONCORRENZIALE CONFUSORIO

martedì 13 novembre 2018













In materia di marchi, spesso si rinviene la necessità di tutela dell’impresa (e, della propria azienda) rispetto a condotte di competitors più o meno consapevoli, volte a creare confusione nei destinatari dei prodotti presenti sul mercato.

Tralasciando la disanima tra le varie tipologie definitorie dei marchi (coinvolgenti la consequenziale maggiore o minore tutela proprio in materia di confondibilità del caso asseconda che si tratti di marchi cosiddetti “forti” o “deboli”), per inquadrare l’istituto in parola, non si può prescindere dal dato normativo di riferimento.

Tale è l’articolo 2598 1) del codice civile, il quale definendo le fattispecie riconducibili nell’alveo della concorrenza sleale, rintraccia questa in chiunque: “usa nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o con i segni distintivi legittimamente usati da altri, o imita servilmente i prodotti di un concorrente, o compie con qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare confusione con i prodotti e con l'attività di un concorrente”.

Di pronta desumibilità appare l’ambito di applicabilità della norma in parola, rintracciando quali naturali destinatari tutti i soggetti che si trovino o si possano trovare in un rapporto di concorrenza economica (ergo¸tutti gli imprenditori operanti in un dato mercato).

Delineato il campo di applicabilità, opportuno appare definire con chiarezza e puntualità gli elementi su cui il giudizio di confondibilità verte; chiarificatore è stato l’intervento della Cassazione con cui si ha ritenuto che “in attuazione della Direttiva CEE n. 89/104, la tutela del marchio comprende non soltanto il rischio di confusione, determinato dalla identità o dalla somiglianza dei segni utilizzati per contrassegnare prodotti identici o affini, ma anche quello relativo alla semplice associazione fra i due segni, tale da poter indurre in errore il pubblico circa la sussistenza di un particolare legame commerciale o di gruppo tra l'impresa terza ed il titolare del marchio” (così Cassazione civile, sentenza n. 3639 del 13 febbraio 2009).

E’ di tutta evidenza l’ampliezza dei confini della tutela in parola, a maggior ragione laddove è stato affermato che il rischio di confondere i consumatori nel riconoscimento del marchio ricercato deve essere valutato “globalmente, prendendo in considerazione tutti i fattori pertinenti del caso di specie, con una certa interdipendenza fra i fattori che entrano in considerazione e in particolare la somiglianza dei marchi e quella dei prodotti”.

Riassumendo, appare di poter dire che la tutela non ha limiti dal punto di vista spaziale, a tal punto da potersi estendere worldwide ed è applicabile andando ad analizzare caso per caso il reale conflitto riconoscitivo provocato dall’utilizzo di marchi facilmente confondibili o riconducibili al titolare della primogenia.

Le condotte che meglio si attanagliano alla tutela in parola, sono sicuramente relative all’ utilizzo di marchi idonei a confondere il consumatore nell’individuazione di quelli effettivamente ricercati e legittimamente usati da altri imprenditori; ed ancora, una imitazione abbastanza fedele dei prodotti del competitor, nonché, infine, gli atti o i fatti idonei a creare confusione con i prodotti e servizi resi da terzi.

Consequenzialmente, non vi è dubbio alcuno che non solo la mera confusione di marchi può essere oggetto della tutela in parola, dovendosì altresì analizzare la capacità dei predetti atti e fatti a creare effettivamente uno scambio tra prodotti e servizi simili e il connesso pregiudizio discendente dal procurato misunderstanding.

Desumibile pertanto diviene il bene giuridico oggetto di tutela, dovendosi rintracciare questi da un canto nell’interesse imprenditoriale a non subire pregiudizi per cause altrui rispetto al conseguimento del proprio profitto; d’altro canto e parimenti rilevante appare la tutela così apprestata in favore dei consumatori finali onde evitare che possano incorrere in errore, garantendo sempre agli stessi un mercato leale, trasparente e competitivo.


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