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QUANTO COSTA UN AVVOCATO

mercoledì 7 novembre 2018


Quando un comune cittadino (persona fisica o società, associazione etc. etc.) deve rivolgersi ad un avvocato per intraprendere un giudizio (ma il presente lavoro varrebbe con gli opportuni distinguo anche per l’attività consulenziale), tra le prime domande che si pone è quali sono i costi a sostenersi per effettuare una sorta di valutazione costi-benefici derivanti appunto dall’opera professionale richiesta. 

Spesso risultano poco chiare le notule, parcelle, pro forma (e similari), nonostante i compensi degli avvocati siano previsti per legge (da ultimo, con l’entrata in vigore della nuova legge professionale – L. 247/2012 – le tariffe sono rintracciabili nel DM 55/2014 come modificato e aggiornato in forza del DM n. 37 dell' 8/3/2018 pubblicato sulla G.U. n. 96 del 26/4/2018 e in vigore dal 27 aprile 2018). 

Per effetto delle stesse considerazioni, oggi si deve solo ed unicamente parlare dei “compensi” degli avvocati (come appunto precipuamente identificati dalla normativa professionale all’art.13), cui si devono aggiungere: 1) rimborso spese forfettario nella misura del 15% (a cui l’avvocato potrebbe rinunciare); 2) il contributo previdenziale (la cosiddetta Cassa di Previdenza) che è pari al 4%; e infine 3) l’IVA (attualmente al 22%). 

Peraltro, se il cliente lo richiede, l’avvocato è obbligato al rilascio del preventivo scritto; è bene precisare che tale preventivo non è vincolante, ossia solo se la causa segue un iter regolare e non ci sono attività che esuberano l’ordinario evolversi processuale, l’avvocato dovrà rispettare il prezzo pattuito. Alle volte questo non succede a causa di molteplici fattori che l’avvocato non può ipotizzare sempre e comunque in anticipo. Oltretutto, per alcune materie, a fini deflattivi del carico giudiziario, sono stati introdotti istituti specifici (negoziazione assistita e mediazione civile) di risoluzione anticipata e bonaria delle controversie; in tali casi, ove si tratti di materie per cui è prevista la mediazione civile obbligatoria quale condizione di procedibilità dell’azione giudiziaria, il cliente dovrà intentare tale procedimento rivolgendosi (anche appunto tramite il proprio legale) ad un Organismo di Mediazione, attendere l’esito di questo e, in caso di mancato accordo (e/o mancata partecipazione della controparte), procedere col vero e proprio processo civile. Nella negoziazione assistita, la differenza rispetto al precedente metodo alternativo di risoluzione delle controversie, si circostanzia nella mancata partecipazione di un mediatore (incaricato appunto volta per volta dall’Organismo a cui ci si è rivolti); viceversa, le parti contendenti, sono sempre assistite dal proprio legale di fiducia (in materia di separazione e divorzi, ove i coniugi siano propensi ad una soluzione consensuale, è immaginabile il patrocinio di un unico avvocato). In entrambe le procedure, vale quanto già detto nel precedente paragrafo, rispetto ai compensi dell’avvocato. Sia per quanto relativo alle cd. ADR (alternative dispute resolution: negoziazione assistita e mediazione civile), sia per quanto in materia di veri e propri processi (cause), sono escluse dalle predette spese relative ai compensi dell’avvocato, le spese vive da questi sostenute (si pensi ad esempio, le spese di trasporto, vitto e alloggio sostenute per attività svolta fuori dal proprio domicilio), nonché quanto relativo a indennità di mediazione, contributo unificato, diritti amministrativi, spese per consulenti a nominarsi (ove necessario). I compensi degli avvocati sono correlati dalle Tabelle Ministeriali di cui sopra, al valore della causa, a 27 (26 originariamente) tipi differenti di azioni giudiziarie (processi) a intraprendersi e alle attività a svolgersi. 

Esemplificando: ove ci fosse una controversia in materia di successione e erede pretermesso, bisogna calcolare il valore della quota di eredità non percepita, utilizzare lo scaglione di riferimento della Tabella, prendere in considerazione la giurisdizione competente (Tribunale nel caso in esame) e controllare le attività processuali a svolgersi (di solito, sono 4 così suddivise 1) studio della controversia; 2) fase introduttiva del giudizio; 3) fase istruttoria e/o di trattazione e, da ultimo, 4) fase decisionale). In alcuni casi, non è possibile determinare con esattezza il valore della causa (si pensi ad esempio ad una domanda per risarcimento del danno per perdita del rapporto parentale o ad una causa per usucapione su di un terreno agricolo per cui solo successivamente al tempo utile per usucapire l’usucapiente ha edificato un immobile); le Tabelle ministeriali sopperiscono a tale difficoltà individuando 3 dei 6 scaglioni rintracciabili quale range entro cui procedere a identificare i compensi a corrispondersi (a maggior ragione in questo caso, come facilmente desumibile, sarà rimessa alla volontà congiunta del professionista e del cliente, la determinazione dei compensi). Per concludere, quantunque possa sembrare ancora difficile la comprensione della quantificazione delle spese (rectius, compensi e spese) a sostenersi, on line è facile rintracciare simulatori di calcolo dei compensi professionali degli avvocati; per cui, basterà interfacciarsi col proprio legale richiedendo il valore della causa, la giurisdizione competente e la fase processuale corrispondente al pagamento (o ai pagamenti) richiesto per comprendere la congruità del “prezzo” dell’avvocato. Infine, una brevissima valutazione personale. Prima di valutare esoso un compenso legale, bisognerebbe porsi questa domanda: se un’ora di un artigiano ha un determinato valore economico correlato all’opera effettuata, un’ora di un professionista che ha dovuto superare mille difficoltà e ore di studio prima di potersi fregiare del titolo di avvocato, quanto vale?

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